Con cura by Atul Gawande

Con cura by Atul Gawande

autore:Atul Gawande [Gawande, Atul]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858428368
editore: Einaudi
pubblicato: 2018-04-19T16:00:00+00:00


Sono domande a cui non è facile dare risposta perché il personale sanitario che assiste alle esecuzioni è difficile da identificare e restio a discutere il proprio ruolo, anche se gli si garantisce l’anonimato. Dei quindici che sono riuscito a localizzare, tuttavia, quattro medici e un’infermiera hanno accettato di incontrarmi. Nell’insieme, hanno assistito ad almeno quarantacinque esecuzioni. Nessuno di loro era un accanito sostenitore della pena di morte, e nessuno aveva una spiegazione semplice sul perché faceva tale lavoro. In un certo senso, mi hanno detto, il ruolo si era lentamente impadronito di loro.

Il dottor A. ha assistito a otto esecuzioni. Ne parlava con palese disagio, tuttavia ha infine acconsentito a raccontarmi la sua storia.

Sessantenne, specialista di medicina interna e medicina d’urgenza, vive da trent’anni con la famiglia in una piccola città. È un medico molto stimato. Tra i suoi pazienti annovera quasi tutti i notabili del posto, banchieri, colleghi medici, il sindaco, nonché il direttore del carcere di massima sicurezza della cittadina. Una volta, parecchi anni prima, mentre lo visitava, costui si era lamentato della difficoltà di trovare qualcuno per l’ambulatorio del carcere e gli aveva chiesto se era disponibile a visitare di tanto in tanto i prigionieri. Aveva acconsentito. Nel suo ambulatorio avrebbe guadagnato di piú, ma la prigione – che pagava sessantacinque dollari all’ora – era importante per la comunità, e del resto erano solo poche ore di lavoro, una volta al mese. Era lieto di essere d’aiuto.

Dopo un anno o due, il direttore della prigione gli aveva chiesto un diverso tipo di aiuto. Lo stato aveva un condannato a morte e l’assemblea legislativa aveva tassativamente stabilito che si ricorresse all’iniezione letale. L’esecuzione sarebbe avvenuta nell’istituto da lui diretto. Aveva bisogno di medici, disse, e di nuovo gli chiese se era disposto a dargli una mano. Non sarebbe toccato a lui praticare l’iniezione, avrebbe solo dovuto controllare il ritmo cardiaco. Gli diede tempo per pensarci sopra.

– A mia moglie la cosa non piaceva, – mi ha detto il dottor A. – Non capiva perché ci volessi andare. Ma io ero incerto. Sapevo qualcosa del passato di quei killer. Uno aveva ucciso una donna, madre di tre figli, durante una rapina in un negozio di casalinghi, poi, fuggendo, aveva sparato a un uomo fermo accanto alla propria auto. Un altro detenuto aveva sequestrato, stuprato e poi strangolato una ragazzina di undici anni. Non sono un sostenitore della pena di morte, ma con tipi simili non mi faccio particolari problemi. C’era un legale ordine di esecuzione del tribunale. E moralmente, se uno pensa al loro comportamento bestiale… – Cosí aveva accettato, perché doveva solo controllare il cuore, perché il direttore del carcere aveva bisogno di lui, perché la condanna era un ordine della società, e perché la punizione non gli sembrava sbagliata.

Alla prima esecuzione, gli avevano detto di restare dietro una tenda e controllare il ritmo cardiaco su un monitor. Né i testimoni dall’altra parte del vetro, né il condannato potevano vederlo. Un tecnico piazzò due cannule per endovenose. Qualcuno che lui non poteva vedere iniettò le tre sostanze, una dopo l’altra.



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